Dimissioni giusta causa: in quali casi, esempi, come comunicarle e conseguenze

Di Redazione FinanzaNews24 5 minuti di lettura
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(Money.it) Si parla di dimissioni per giusta causa quando un dipendente decide di risolvere unilateralmente il rapporto di lavoro a causa di una violazione grave del contratto o comunque perché nell’ambiente lavorativo si è venuta a creare una situazione insostenibile.

A differenza delle dimissioni presentate senza alcun motivo specifico, le dimissioni per giusta causa non richiedono alcun preavviso – e quindi il dipendente può smettere di presentarsi al lavoro già nel giorno successivo alla notifica – e inoltre fanno sì che al termine del rapporto di lavoro si possa fare comunque richiesta di indennità di disoccupazione Naspi.

Le dimissioni per giusta causa, quindi, richiedono una motivazione legale valida: a tal proposito, sono diverse le ragioni che potrebbero costituire la giusta causa e possono persino variare a seconda del settore di cui si fa parte.

Laddove il datore di lavoro non ritenga che sussistano le circostanze per la giusta causa potrà contestare le dimissioni con la possibilità di annullarle; per questo motivo, prima di prendere la decisione di dimettersi per giusta causa, sarebbe opportuno consultare un esperto legale o sindacali sottoponendogli la vostra situazione, così che questo potrà dirvi se sussistono i criteri legali per rassegnare le dimissioni per giusta causa. Se nel frattempo volete farvi un’idea, di seguito trovate una guida completa sulle dimissioni per giusta causa, con tanto di esempi utili.

Cosa cambia per le dimissioni per giusta causa

Essenzialmente le ragioni che possono spingere il dipendente a specificare che si tratta di dimissioni per giusta causa sono due:

  • non dover osservare alcun periodo di preavviso. Nel caso delle dimissioni rassegnate per giusta causa, infatti, il rapporto di lavoro si interrompe immediatamente. Inoltre, il datore di lavoro deve farsi carico dell’indennità di mancato preavviso, riconoscendo al dipendente lo stipendio che avrebbe percepito nel caso in cui tale periodo fosse stato lavorato;
  • mantenere il diritto alla Naspi. Solitamente, infatti, l’indennità di disoccupazione non spetta laddove l’ultimo rapporto di lavoro si sia interrotto a seguito di dimissioni, eccetto appunto il caso di quelle rassegnate per giusta causa.

Quando le dimissioni per giusta causa sono legittime

In primo luogo, in riferimento alla generalità delle ipotesi, le dimissioni per giusta causa sono legittime se è verificato il notevole inadempimento di obblighi contrattuali da parte del datore di lavoro.

L’inadempimento del datore deve essere così grave da non consentire di proseguire il rapporto, nemmeno per un periodo molto breve: se il lavoratore, manifestando la volontà di dimettersi, dichiara al datore di lavoro di essere pronto a continuare l’attività per tutto o parte del periodo di preavviso, non può essere considerato dimissionario per giusta causa.

Le ragioni che possono far scattare la giusta causa sono diverse, ad esempio:

  • stipendio non pagato (o comunque ritardi ripetuti nei pagamenti);
  • discriminazione sul luogo di lavoro;
  • grave violazione dei diritti del lavoratore, come violenza o molestie sul posto di lavoro (non necessariamente da parte del datore di lavoro);
  • condizioni di lavoro pericolose o non conformi alle norme di sicurezza;
  • cambiamenti unilaterali, e sostanziali, nel contratto di lavoro da parte dell’azienda, senza il consenso del dipendente;
  • mobbing.

Andiamone ad approfondire alcuni.

Dimissioni per giusta causa per il mancato pagamento dello stipendio

Tra i casi in cui il dipendente è autorizzato a dimettersi immediatamente c’è quello del mancato pagamento dello stipendio.

Più volte, infatti, la Corte di Cassazione ha riconosciuto il mancato pagamento dello stipendio come un grave inadempimento che dà diritto alla risoluzione immediata del rapporto di lavoro.

Tuttavia resta da capire quando il mancato pagamento della retribuzione costituisce un grave inadempimento da parte dell’azienda; nel dettaglio, ci si chiede se è sufficiente che il datore di lavoro non paghi lo stipendio per una sola mensilità per autorizzare il dipendente a presentare le dimissioni per giusta causa.

Intervenendo sulla questione la giurisprudenza ha chiarito che l’arretrato di una sola retribuzione non è sufficiente per far scattare le dimissioni per giusta causa, poiché è necessario che lo stipendio non venga pagato per almeno due mensilità. Secondo il Tribunale di Ivrea (sentenza n. 150/2017), l’


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