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Questa settimana gli investitori sono in ansia per la decisione che Moody’s prenderà venerdì sul rating dell’Italia. Un downgrade da parte dell’agenzia farebbe sconfinare i titoli di Stato italiani nel girone del debito spazzatura. Il livello di valutazione attuale è infatti Baa3 secondo Moody’s, appena un gradino sopra la soglia dell’high yield, con outlook negativo.
Il giudizio di venerdì rappresenta l’ultimo ostacolo dopo il pronunciamento delle altre agenzie S&P’s, Dbrs e Fitch nelle settimana precedenti. Il 20 ottobre S&P Global Ratings ha confermato il giudizio BBB con prospettive stabili. Il 27 ottobre Dbrs ha lasciato invariato il rating BBB high con outlook stabile. Venerdì scorso Fitch ha lasciato inalterata la valutazione a BBB con trend stabile.
Sul mercato obbligazionario i BTP a 10 anni rendono oggi il 4,535%, con lo spread rispetto agli equivalenti bund tedeschi a 184 punti base. Il divario si era allargato fino a 210 basis point nelle scorse settimane, dopo la presentazione della legge di bilancio da parte del governo di Giorgia Meloni.
Debito Italia: ecco cosa aspettarsi da Moody’s
Cosa succederà venerdì prossimo quando Moody’s deciderà il destino del debito italiano? Moritz Kraemer, capo economista della banca tedesca LBBW e in precedenza per 17 anni in S&P Global Ratings nel ruolo di global chief rating officer per i rating sovrani, non crede che Moody’s abbasserà la valutazione del debito dell’Italia. “Non è un quadro roseo per l’Italia in questo momento, ma non è ancora una situazione in cui si potrebbe pensare un passaggio al non-investment grade. Non credo che Moody’s lo farà, perché non c’è davvero alcun motivo” ha affermato.
La sfida però è cruciale. Quando l’agenzia statunitense ha deciso il rating Baa3 con outlook negativo lo scorso anno, ha citato tre grandi rischi per il Belpaese. Il primo riguarda il contesto politico che ostacola l’attuazione di riforme strutturali, tra le quali il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Il secondo si riferisce alla carenza di approvvigionamento energetico che indebolisce le prospettive economiche. Infine vi è il rischio di un quadro economico più depresso derivante da una crescita lenta, da alti costi di finanziamento e da una disciplina fiscale più debole.
Il timore è che un declassamento a “junk” possa comportare la degenerazione dello scenario italiano come avvenne con la Grecia durante il periodo della crisi del debito sovrano. “Sappiamo tutti per esperienza che se si scende al di sotto del livello investment grade, le cose accadranno. Lo abbiamo visto con la Grecia, quindi c’è bisogno di pensare prima di agire” ha detto Kraemer. Tuttavia, l’economista ha precisato che “la Grecia è una cosa, l’Italia è un’altra, basta guardare alle dimensioni del loro debito e della loro economia”.
L’attenzione del governo dovrà essere elevata
Il fatto che un declassamento del debito italiano sia improbabile non significa che il governo Meloni debba abbassare l’attenzione secondo Kraemer. “L’Italia non ha spazio per l’autocompiacimento e l’esecutivo non dovrebbe continuare a testare i mercat
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