Deadnaming: una pratica diffusa che calpesta i diritti dei transgender

Di Valentina Ambrosetti 3 minuti di lettura

Questo non è solo irrispettoso, ma una vera e propria violazione del diritto di essere quello che sei: il Deadnaming  è una pratica umiliante a cui bisogna prestare maggiore attenzione. Accetteresti mai di essere chiamato come non ti senti? Ti capita mai di essere riconosciuto da un nome che non ti appartiene? La risposta è decisamente no.  Una pratica più diffusa che mai che calpesta i diritti di chi si trova sulla già difficile strada della transizione di genere

Usare il Deadnaming di una persona, o assecondare chi lo fa, sia in privato che in pubblico, significa infliggere un dolore profondo. È rinunciare all’identità che chi sta davanti a noi fatica a costruire passo dopo passo. Significa distruggere. Pertanto, è necessario avere una maggiore consapevolezza di quanto peso si può portare. Deadnaming : il termine quindi descrive la pratica di rivolgersi ostinatamente a una persona transgender, di genere non conforme o non binaria con un nome che non usano più, ovvero un nome attribuito alla nascita, che inevitabilmente compare ancora in tutto ciò che riguarda la burocrazia e compare su documenti di base come tesserini, patenti, cartelle cliniche, ecc. Ricorda infatti che cambiare il tuo nome sui documenti è un lungo processo burocratico che spesso rappresenta la fase finale del processo di transizione transgender.

In altre parole, il nome rifiutato da una persona transgender è destinato a rimanere (almeno per un certo periodo di tempo) nero su bianco, fino al termine dell’iter burocratico. Ma anche se il Deadnaming è ancora in bianco e nero, parte dell’essere sensibili agli altri è smettere di usarlo e far sì che coloro che scelgono di passare si sentano accettati, compresi e riconosciuti. Se il deadnaming è dannoso in una famiglia, allora è lo stesso nella società.

Le persone transgender subiscono un rischio maggiore di rifiuto. Quando questo nome viene rifiutato nella società, sia nella sfera relazionale che istituzionale, l’io della persona in questione viene indebolito, sminuito e ridotto alla minima espressione. Le azioni più dannose sono la svalutazione della persona che stai cercando di creare e lo schiaffo emotivo. Attività che possono portare all’esclusione, all’emarginazione e a traumi che non sempre possono essere invertiti.

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