L’efficacia del vaccino nel prevenire casi di malattia grave Covid-19 è pari all’85% nei vaccinati con ciclo completo da meno di 90 giorni, all’88% nei vaccinati con ciclo completo da 91 e 120 giorni, e all’82% nei vaccinati che hanno completato il ciclo vaccinale da oltre 120 giorni e arriva al 92% nei soggetti vaccinati con dose booster.
I dati arrivano dall’Istituto Superiore di sanità dal titolo “Covid-19: sorveglianza, impatto delle infezioni ed efficacia vaccinale”. L’effetto preventivo del vaccino contro la diagnosi di infezione da Sars-CoV-2 è pari al 63% entro 90 giorni dal completamento del ciclo vaccinale, 52% tra i 91 e 120 giorni, e 44% oltre 120 giorni dal completamento del ciclo vaccinale. Si raggiunge il 63% nei soggetti vaccinati con dose booster.
Dal report si legge che: “Per quanto concerne il tasso di ricoveri in terapia intensiva diviso per età, concernente la popolazione con più di 12 anni, nel periodo 14 gennaio-13 febbraio per i non vaccinati (25 ricoveri in terapia intensiva per 100.000 abitanti) risulta circa cinque volte più alto rispetto ai vaccinati con ciclo completo da meno di 120 giorni (5 per 100.000 abitanti) e circa 16 volte più alto rispetto ai vaccinati con dose aggiuntiva/booster (2 ricoveri in terapia intensiva per 100.000 abitanti). Mentre il tasso di ospedalizzazione per età, relativo alla popolazione con più di 12 anni, sempre nel periodo 14 gennaio-13 febbraio per i non vaccinati (321 ricoveri per 100.000 abitanti) risulta circa quattro volte più alto rispetto ai vaccinati con ciclo completo da meno di 120 giorni (84 ricoveri per 100.000) e circa nove volte più alto rispetto ai vaccinati con dose aggiuntiva/booster (36 ricoveri per 100.000 abitanti)”.
L’Istituto Superiore di Sanità inoltre ci dice che nell’ultima settimana la percentuale di reinfezioni sul totale dei casi segnalati è pari a 3,2%, stabile rispetto alla settimana precedente. Dal 24 agosto 2021 al 2 marzo di quest’anno sono stati segnalati 241.753 casi di reinfezione, pari a 3% del totale dei casi notificati.
“L’analisi del rischio di reinfezione a partire dal 6 dicembre 2021 (data considerata di riferimento per l’inizio della diffusione della variante Omicron) – spiega l’Iss – evidenzia un aumento del rischio relativo aggiustato di reinfezione nei soggetti con prima diagnosi di Covid-19 notificata da oltre 210 giorni rispetto a chi ha avuto la prima diagnosi di Covid-19 fra i 90 e i 210 giorni precedenti; nei soggetti non vaccinati o vaccinati con almeno una dose da oltre 120 giorni rispetto ai vaccinati con almeno una dose entro i 120 giorni; nelle femmine rispetto ai maschi. Il maggior rischio nei soggetti di sesso femminile può essere verosimilmente dovuto alla maggior presenza di donne in ambito scolastico (>80%) dove viene effettuata una intensa attività di screening e al fatto che le donne svolgono più spesso la funzione di caregiver in ambito famigliare”. E inoltre, il rischio di infettarsi di nuovo è maggiore negli operatori sanitari e “nelle fasce di età più giovani (dai 12 ai 49 anni) rispetto alle persone con prima diagnosi in età compresa fra i 50-59 anni. Verosimilmente il maggior rischio di reinfezione nelle fasce di età più giovani è attribuibile a comportamenti ed esposizioni a maggior rischio, rispetto alle fasce d’età con più di 60 anni”.