Cos’è e cosa si propone l’European Chips Act

Di Redazione FinanzaNews24 7 minuti di lettura
Economia

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I microchip sono elementi fondamentali per i dispositivi tecnologici di uso quotidiano, da smartphone, computer e tablet a frigoriferi, lavatrici e forni a microonde. Senza dimenticare le auto elettriche, l’automazione industriale e la sanità, l’Internet delle cose e l’intelligenza artificiale, lo spazio e la difesa. I semiconduttori – piccolissimi circuiti elettronici fatti di silicio – hanno un impatto ambientale piuttosto elevato: la produzione richiede molta acqua e in alcune fasi impiega sostanze chimiche inquinanti come il trifluoruro di azoto, potente gas a effetto serra. Per migliorare la performance ambientale, risolvere la carestia di chip (il chip crunch che dal 2020 ha duramente colpito tutti i settori) e non perdere terreno sul fronte dell’innovazione, la Commissione europea ha introdotto l’European Chips Act.

European Chips Act, cos’è e che si propone

L’80% della produzione mondiale di microchip è concentrata in Asia, soprattutto tra Taiwan, Cina e Corea del Sud, mentre gli Stati Uniti sono fondamentali per la progettazione. In Europa si trovano stabilimenti in Germania, Francia, Paesi Bassi, Irlanda e Italia, dove operano l’azienda italo-francese STMicroelectronics (con due stabilimenti: uno a Marcianise e uno ad Agrate, in provincia di Catania) e l’abruzzese LFoundry di Avezzano, di proprietà della cinese Xichanweixin. La quota europea del mercato mondiale dei microchip è del 10%: una percentuale esigua per raggiungere l’auspicata sovranità digitale. L’European Chips Act è l’ambizioso regolamento che l’Unione europea si è data per aumentare la capacità di produzione di microchip, rafforzare la competitività del mercato interno di semiconduttori riducendo la dipendenza dai mercati esteri, diminuire l’impatto ambientale favorendo sia la transizione digitale che quella verde.

L’UE punta all’autonomia e alla sicurezza degli approvvigionamenti a fronte di eventuali ritardi nelle importazioni per sopperire più facilmente alla domanda interna, ma per farlo deve aumentare la ricerca e la produzione. Approvato l’8 febbraio 2022 dalla Commissione prima di passare al Parlamento e al Consiglio, l’European Chips Act è entrato in vigore il 21 settembre 2023 con uno stanziamento da 43 miliardi di euro tra investimenti pubblici e privati: l’obiettivo è arrivare nel 2030 a una quota di mercato del 20%. I semiconduttori sono al centro di forti interessi geostrategici: per rispondere alle dipendenze critiche e alle strozzature nelle catene del valore, il pacchetto legislativo rafforzerà le attività di produzione favorendo la costruzione di nuove fabbriche e potenziando quelle già esistenti, stimolerà l’intero ecosistema di progettazione e sosterrà lo scale-up e l’innovazione. L’iniziativa europea si basa su tre pilastri, come quelli istituiti con il Trattato di Maastricht del 1992.

I tre pilastri del regolamento sui chip

Il primo pilastro del regolamento verte sulla produzione dei chip: la mission è rafforzare la leadership tecnologica dell’Europa, facilitare il trasferimento del know-how dal laboratorio alla fabbrica, colmare il divario tra ricerca e innovazione e attività industriali, promuovere l’industrializzazione delle tecnologie innovative da parte delle imprese europee. Gli investimenti favoriranno un riorientamento strategico del settore, ribattezzato Chips Joint Undertaking. Nella fase iniziale, i fondi pubblici ammontano a 6,2 miliardi di euro (di cui 3,3 miliardi dal bilancio dell’UE approvato fino al 2027) e serviranno a sostenere lo sviluppo di una piattaforma di progettazione, la creazione di linee pilota per accelerare l’innovazione e la produzione e di centri di competenza dislocati in tutta Europa, che forniranno accesso a competenze tecniche e sperimentazioni, aiutando le aziende del segmento, in particolare le PMI e le start-up. L’accesso ai finanziamenti sarà garantito attraverso un Chips Fund e uno specifico strumento di equity investment dedicato ai semiconduttori, istituito nell’ambito del fondo InvestEU da oltre 372 miliardi.

Dal primo pilastro nasce l’iniziativa Chips for Europe, un fondo finanziato dai programmi Orizzonte Europa ed Europa digitale che facilita l’accesso al finanziamento del debito e al capitale proprio e agevola le opportunità di investimento, in particolare per le start-up, le scale-up, le PMI e le piccole imprese a media capitalizzazione, tramite uno strumento di finanziamento misto. La creazione di una piattaforma di progettazione (per gli RISC-V, le architetture di processori in open-source) e di una rete di centri di competenza, lo sviluppo di nuove linee pilota avanzate (in particolare FD-SOI, la tecnologia Fully Depleted Silicon-on-Insulator) e la ricerca su chip quantistici e tecnologie a semiconduttore associate sono al centro dell’iniziativa. Il secondo pilastro si concentra sulla sicurezza degli approvvigionamenti: l’European Chips Act vuole attirare investimenti e potenziare le capacità produttive delle imprese del settore. A questo scopo, la legge definisce un quadro di riferimento per le IPF (Integrated Production Facilities, le strutture di produzione integrate) e le Open EU Foundries first-of-a-kind, ovvero le fonderie prime nel loro genere nell’Unione.

Il terzo pilastro favorisce la collaborazione e il coordinamento fra gli Stati membri. È la Commissione a monitorare l’offerta di semiconduttori, stimare la domanda, anticipare le carenze e, se necessario, attivare la procedura per risolvere un’eventuale fase di crisi. Nelle situazioni di emergenza, il regolamento sui chip stabilisce una serie di misure specifiche che possono essere adottate. Dal 18 aprile 2023, data di chiusura ufficiale dell’accordo politico fra il Parlamento europeo e gli Stati membri, i piani di investimento per la diffusione industriale hanno già raggiunto i 90-100 miliardi di euro. L’adozione del


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