(Money.it) Il pagamento dell’affitto è un onere sempre più gravoso per le famiglie, che tra problemi di lavoro e il livello dei costi molto spesso non riescono a effettuare i pagamenti nei tempi previsti. Allo stesso tempo, è innegabile il diritto del padrone di casa di ricevere il compenso pattuito, diritto tutelato dalla possibilità di agire in giudizio. Tutti sanno, infatti, che chi non paga l’affitto rischia lo sfratto, ma prima di arrivare a questa drastica conseguenza ci sono diversi passaggi intermedi che agevolano il debitore.
Bisogna innanzitutto sapere che per la locazione a uso abitativo, la legge impone al proprietario un termine di tolleranza pari a 20 giorni dalla scadenza contrattuale. Questo significa che l’affittuario può pagare il canone fino a 20 giorni dopo rispetto alla data concordata per il pagamento senza subire alcuna conseguenza. Oltre questo termine, anche per una sola rata di affitto, il proprietario di casa può invece agire in giudizio contro l’inquilino moroso.
Cosa rischia chi non paga l’affitto
La legge prevede come unico limite all’azione creditizia del padrone di casa il termine di tolleranza, oltre al quale l’affittuario può essere citato in giudizio per l’inadempimento. Ne consegue che la procedura può essere avviata anche per il mancato pagamento di una sola rata d’affitto, purché dopo 20 giorni dalla scadenza.
Per quanto riguarda le spese condominiali, invece, il termine di tolleranza è pari a 60 giorni dalla richiesta di pagamento e lo sfratto può essere richiesto soltanto se l’importo dell’inadempimento è superiore a due mensilità del canone. Per quanto riguarda l’affitto a uso commerciale, poi, la legge non prevede un termine preciso, limitandosi a richiedere che l’inadempimento sia “grave”. La valutazione viene in questo caso effettuata dal giudice a seconda di vari parametri, tra cui l’importo del canone annuale, il ritardo e la regolarità dei precedenti
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