L’Italia è il terzo Paese per numero di contagi accertati da coronavirus dopo Cina e Corea del Sud, tanto che ora diversi Stati stanno iniziando a indirizzare la loro attenzione sugli arrivi dal Belpaese. Ma da noi ci sono stati più controlli che altrove o si tratta di inefficienza?
L’impressione è che i controlli negli aeroporti del resto d’Europa non siano poi così più stringenti rispetto a quelli italiani. In assenza di focolai acclarati ed emergenze in corso, gli altri Stati Ue sembrano meno solleciti nei controlli a tappeto coi tamponi, in Francia pare ne abbiano fatti appena 400, contro gli oltre 4mila italiani, i 28mila sudcoreani e i 200mila cinesi. Appare effettivamente strano che il resto dell’Europa non abbia avuto con la Cina contatti come ce ne sono stati in Italia, e l’ipotesi della diversa intensità dei controlli ha parecchio credito. Anche perché, a questo punto, è probabile che circa due terzi dei contagiati nel mondo non abbiano sintomi, e che siano guariti spontaneamente, e che quindi anche in altri Paesi ci siano tantissimi contagiati ‘invisibili’
Il parere dell’infettivologo
L’Italia è più malata di coronavirus di altri paesi europei? “Semplicemente l’Italia controlla e individua i casi, gli altri non lo fanno. In alcune nazioni europee sono quelli ospedalieri a essere unicamente sotto esame. Quando un paziente viene ricoverato per una polmonite sono effettuati gli esami per accertare quale sia la causa ed ecco che viene rilevato. In Italia invece c’è un ricorso massiccio ai tamponi”. Pietro Luigi Garavelli, classe 1961, nato ad Alessandria, direttore dal 2000 della Struttura complessa di Malattie Infettive dell’azienda ospedaliero universitaria “Maggiore della Carità” di Novara (il reparto si occupa di tutte le patologie infettive e parassitarie), in precedenza ha lavorato agli ‘Infettivi’ dell’azienda ospedaliera di Alessandria, parla chiaro sul blog ‘160 caratteri’: “L’Italia ha una radicata tradizione di prevenzione delle malattie infettive che altri paesi europei non hanno. Sono tradizioni e storie diverse. In Europa per mille ragioni, da quelle culturali e all’opportunità politica, non contano i casi, che vengono ricondotti tutti nell’ambito delle virologie invernali, salvo quando l’accertamento avviene in sede clinica”.
Allora il panico è tutto italiano e le reazioni dei cittadini sono esagerate? “Gli italiani reagiscono così perché non sono correttamente informati. E fanno anche fatica ad informarsi. La superficialità dei social ha una responsabilità enorme, però anche il fatto che parlino tutti crea confusione. Non mi riferisco alla politica, ma al mondo della medicina. Chi fa ricerca svolge un compito ben preciso e meritorio, però non è un clinico, non vede i malati. E di conseguenza le analisi, le valutazioni, le considerazioni non sempre collimano. Di fronte alla storia del Covid 19 hanno inizialmente parlato tutti, tranne chi, come gli infettivologi italiani, conosce bene la famiglia dei coronavirus e il loro comportamento. Sono un’ampia famiglia di virus respiratori che possono causare malattie da lievi a moderate, passando dal comune raffreddore a sindromi respiratorie come la Mers (sindrome respiratoria mediorientale, Middle east respiratory syndrome) e la Sars (sindrome respiratoria acuta grave, Severe acute respiratory syndrome)”. Il nome deriva dalle punte a forma di corona che sono presenti sulla loro superficie.
“È un virus – prosegue Garavelli (autore di 14 monografie, 279 pubblicazioni scientifiche e 217 comunicazioni a congressi nazionali ed internazionali; eponimo “Zierdt-Garavelli disease” per la Blastocistosi) – ampiamente diffuso in natura fra animali e l’uomo, per il quale è la causa primaria del raffreddore. I coronavirus sono comuni in molte specie di animali, come i cammelli e i pipistrelli, e in alcuni casi, benché sia accaduto raramente, possono evolversi e infettare l’uomo. Quando avviene, la cosa che li contraddistingue è l’aggressività perché non conosce l’ospitante, da qui la velocità dell’infezione. Ma successivamente il virus si adatta perdendo di potenza, così come avviene per il corpo umano che inizia a sviluppare gli anticorpi. Rispetto alla mortalità, i più colpiti sono le persone anziane e fragili, con patologie come diabete, ipertensione, cardiopatie, fino a quelle oncologiche. In questi casi si parla di pazienti deceduti ‘con’ il virus e non ‘per’ il virus”.
Le misure di prevenzione verso l’Italia
La Francia almomento prevede per chi rientra da Lombardia e Veneto una specie di “auto-quarantena” di 14 giorni, evitando di frequentare posti affollati, portando la mascherina, misurando più volte al giorno la temperatura e la pronta segnalazione di ogni problema. Mentre i bambini non possono andare a scuola per 14 giorni.
La Gran Bretagna ha ordinato l’auto-isolamento (una autoquarantena di 14 giorni) a tutti coloro che, provenienti dal Nord Italia, accusino febbre, influenza o anche solo un raffreddore. La Croazia ha disposto brevi controlli sanitari per chi arriva da Lombardia, Veneto, Piemonte ed Emilia-Romagna. La Slovenia ha annunciato di essere pronta, se necessario, a chiudere i confini. E molti altri Paesi sconsigliano di andare in Italia, tra cui Israele (che potrebbe introdurre presto la quarantena), Irlanda, Serbia, Macedonia e Bosnia. Più morbida la posizione di Germania, e Svizzera , che al momento forniscono solo informazioni sulla situazione italiana senza sottoporre le persone in arrivo dal nostro Paese ai controlli effettuati a chi proviene dalla Cina. Mentre al di fuori dell’Europa il Kuwait è stato il primo Paese a cancellare tutti i collegamenti aerei con l’Italia.
L’opzione chiusura dei confini
Resta per fortuna ancora lontana l’opzione più draconiana, evocata senza mezzi termini dal presidente di turno del Consiglio dei ministri europeo della Salute, il croato Vili Beros: «Se epidemiologicamente l’emergenza si intensifica, verranno prese misure straordinarie», non escludendo la chiusura dei confini europei, con particolare riferimento ai voli internazionali. E di sicuro sentire il premier italiano dichiarare che un ospedale non avrebbe seguito i protocolli di controllo (tradotto per chi legge da oltreconfine: che il contagio è stato alimentato anche da negligenze italiane) non contribuisce a tranquillizzare gli altri Paesi .
Articolo originale di Quifinanza.it.