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A Magliano Alpi, piccola cittadina in provincia di Cuneo in Piemonte, è nata la prima comunità energetica d’Italia. Sul tetto del municipio, il sindaco Marco Bailo ha fatto installare un impianto fotovoltaico da 20 kW con batteria d’accumulo. Subito dopo, il Comune ha aperto una manifestazione d’interesse rivolta ai cittadini per capire chi volesse partecipare al progetto. L’adesione è stata massiccia e ora coinvolge venti realtà diverse. Prima ancora c’era stata Funes, in Alto Adige, con la produzione e distribuzione di energia idroelettrica in forma di cooperativa. Oggi il modello delle comunità energetiche si sta diffondendo a macchia d’olio su tutto il territorio nazionale, ma come funzionano di preciso e cosa serve per incentivarle?
Comunità energetica: cos’è e come funziona
La comunità energetica (conosciuta anche come energy community) è un’associazione di enti, famiglie, condomini, singoli individui, imprese e titolari di attività economiche che si uniscono per autoprodurre, condividere e utilizzare l’energia pulita generata da fonti rinnovabili. L’obiettivo è ottenere vantaggi economici sul piano individuale e benefici sociali e ambientali a livello collettivo, in pieno spirito di solidarietà e partecipazione tra cittadini. È un processo di produzione e diffusione democratica dell’energia verde e un modello innovativo di gestione dei consumi.
Nate in Danimarca negli anni Settanta e diffuse prima in Belgio e Germania e poi nel resto d’Europa, le CER (comunità di energia rinnovabile) sono previste in Italia dall’articolo 42 bis del Decreto-legge n. 162 del 30 dicembre 2019 (il cosiddetto Decreto Milleproroghe), che ha recepito la Direttiva RED II (la 2018/2001) del Parlamento europeo e del Consiglio sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili.
La Direttiva comunitaria riconosce le comunità energetiche come soggetti giuridici privati senza scopo di lucro, a cui possono partecipare persone private, aziende, associazioni e pubbliche amministrazioni. Il passo successivo alla CER è la CET, la comunità energetica del territorio: un soggetto giuridico che integra più soggetti coinvolgendo tutte le altre realtà territoriali contigue a livello di area urbana e metropolitana.
Ma come funziona la comunità energetica? Chi produce e consuma l’energia è il prosumer: non più un semplice consumatore, ma parte attiva e integrante del processo produttivo. Nelle CER l’energia prodotta dal singolo utente con il suo impianto fotovoltaico con accumulo e non autoconsumata viene immessa nella rete e condivisa tra i soci (privati che vivono in una casa indipendente o in un condominio, enti pubblici e aziende), i quali sono tutti collegati alla stessa cabina secondaria di trasformazione. Chi non ha i pannelli o possiede un impianto senza batteria può comunque farne parte, ma come semplice consumer.
Facciamo un esempio pratico: se la comunità produce 100 e consuma 70 per il suo fabbisogno, il restante 30 è condiviso con chi è collegato alla rete o ceduto all’esterno. In questa maniera l’energia prodotta non si spreca, è consumata nella sua totalità e si ottiene un notevole benefit in risparmio. È il GSE (il gestore dei servizi energetici) ad erogare una tariffa incentivante che è stabilita in base alla quantità di energia prodotta e autoconsumata. A monitorare i consumi sono gli smart meters, una serie di dispositivi elettronici posizionati nei POD (i punti di consegna) che registrano la quantità di energia e trasferiscono i dati al fornitore. Non bisogna dimenticare che l’energia condivisa beneficia di un incentivo di 0,12 euro per kWh.
Come creare una comunità energetica
Nella maggior parte dei progetti di CER scattati in tutta Italia, si aderisce versando una quota di partecipazione, ad esempio da 25 euro nel caso della comunità pionieristica di Magliano Alpi. A volte il referente è il Comune, in altri casi i singoli cittadini, le imprese o i consorzi, altrimenti ci sono sempre più operatori dei settori energia elettrica, gas e riscaldamento che offrono la soluzione CER a condomini, aziende e PMI, prendendosi cura di tutti gli aspetti tecnici e burocratici.
Per cominciare, è fondamentale verificare preliminarmente la fattibilità e trovare un’area disponibile per installare gli impianti e altri autoconsumatori per condividere l’energia. Il passo successivo è redigere l’atto costitutivo e lo statuto del soggetto giuridico con i soci, specificando i parametri per il rispetto delle condizioni del contratto di diritto privato. Realizzati correttamente gli impianti secondo le norme vigenti, si avvia la richiesta di accesso al servizio di valorizzazione e incentivazione dell’energia condivisa del GSE e si procede con l’allacciamento dell’impianto FER (fonti energia rinnovabile).
Dal punto di vista normativo, il Decreto Milleproroghe specifica che per formare una comunità energetica occorre rispettare l’obiettivo di apportare benefici ambientali, economici e sociali alla comunità e all’area in cui opera, non diventare una fonte di reddito per i prosumer, disporre di impianti di potenza complessiva non superiore a 200 kW, stipulare un
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