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Moody’s cala l’ascia sul debito della Cina e taglia l’outlook da stabile a negativo. L’agenzia di rating americana ha citato le preoccupazioni per l’indebitamento dei governi locali e l’inasprimento della crisi immobiliare, che metterebbero a rischio “la forza fiscale, economica e istituzionale della Cina”. In una nota, Moody’s ha precisato che “il cambiamento di prospettiva riflette anche l’aumento dei rischi legati alla crescita economica a medio termine strutturalmente e persistentemente inferiore e al continuo ridimensionamento del settore immobiliare”.
La valutazione di lungo termine del debito cinese è rimasta ferma ad A1, mentre ora Moody’s si aspetta che la crescita del PIL rallenti al 4% nel 2024 e nel 2025 e scivoli al 3,8% in media successivamente fino alla fine del decennio. Attualmente le altre agenzie di rating, Standard & Poor’s e Fitch, hanno un giudizio A+ su Pechino ma con outlook stabile.
La reazione del Ministero delle Finanze cinese è stata di forte delusione per quanto espresso da Moody’s. Il governo infatti ha sottolineato come l’economia sia in trend positivo e i rischi immobiliari e di indebitamento locale siano controllabili. “Le preoccupazioni di Moody’s sulle prospettive di crescita economica della Cina, sulla sostenibilità fiscale e su altri aspetti non sono necessarie”, ha detto in un comunicato il Ministero.
Cina: le preoccupazioni per l’economia dopo il declassamento di Moody’s
Il downgrade sulle prospettive è stato la prima modifica dell’agenzia con sede a New York dal 2017, quando ha tagliato il rating di un notch ad A1 per le aspettative più lente della crescita e l’incremento del debito. La bocciatura ora non coglie di sorpresa gli osservatori di mercato, che prevedono ancora per quest’anno un PIL in salita del 5% come è nell’obiettivo del governo, ma con un’economia indebolita rispetto al periodo pre-Covid.
Molti sostengono che il Dragone debba trasformare profondamente il suo modello economico, passando da un’economia dipendente eccessivamente dagli investimenti, e quindi dal debito, a una guidata soprattutto dai consumi. Per anni infatti la forza della Cina è derivata dai grandi investimenti infrastrutturali, con il settore immobiliare che rappresenta circa un quarto del PIL del Paese. A seguito della stretta del governo di inizio decennio e il crollo delle società immobiliari che ne è derivato, l’economia ne è molto risentita. Nel frattempo, i governi locali combattono con un debito che globalmente ha raggiunto circa 12.600 miliardi di dollari. Adesso il debito/PIL si attesta al 76%, a fronte di solo il 62% del 2019.
Le autorità cinesi dunque devono affrontare ora un problema duplice: rilanciare la crescita e contenere l’enorme indebitamento. Nel mese di ottobre il governo ha presentato un piano da 140 miliardi di dollari, portando il deficit di bilancio per la fine del 2023 dal 3% al 3,8%. Contestualmente, la People’s Bank of China si è impegnata a mantenere la sua politica monetaria accomodante. Tuttavia, ha sollecitato il go
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