In un recente caso, la Corte di Cassazione ha stabilito che un errore nel prospetto di dilazione delle scadenze fornito dall’Agenzia delle Entrate è considerato un errore scusabile, legittimando il contribuente in buona fede e questa decisione, formalizzata nell’Ordinanza n. 12648 depositata il 9 maggio 2024, pone l’accento sul principio del legittimo affidamento del cittadino verso l’amministrazione fiscale.
L’ordinanza è scaturita da un caso in cui un contribuente aveva ottenuto una rateizzazione del debito a seguito di una comunicazione bonaria. La terza rata, come indicato nel prospetto ADE stampato dal sito dell’agenzia, scadeva il 3 marzo, ma, nonostante ciò, l’Agenzia delle Entrate ha considerato tardivo il pagamento, basandosi su un proprio prospetto che indicava come scadenza il 28 febbraio.
Questo disallineamento ha portato alla decadenza dalla rateizzazione e all’emissione di una cartella di pagamento nei confronti del contribuente.
Giudizio della Cassazione sul Legittimo Affidamento
La Corte di Cassazione ha analizzato il ricorso alla luce dei commi 3 e 4 dell’articolo 3 bis del decreto legislativo 462 del 1997, che specifica che la scadenza delle rate è l’ultimo giorno di ciascun trimestre, quindi il 28 febbraio nel caso in questione, ma i giudici hanno focalizzato l’attenzione sul principio del legittimo affidamento, sancito dall’articolo 10 della legge 212 del 2000, che protegge il contribuente in caso di errori o omissioni da parte dell’amministrazione finanziaria.
La Cassazione ha sottolineato che la tutela del legittimo affidamento del cittadino si basa sul principio di uguaglianza dinanzi alla legge e costituisce un elemento essenziale dello Stato di diritto, estendendosi a tutti i rapporti di diritto pubblico, inclusa la materia tributaria e oltre a ciò, il principio di collaborazione e buona fede permea l’intera disciplina tributaria, richiedendo una valutazione concreta in relazione alla specificità delle situazioni.
Decisione finale della Cassazione
La Corte ha rilevato che l’Agenzia delle Entrate non ha fornito spiegazioni sufficienti per giustificare l’incongruenza tra i due prospetti presentati e di conseguenza, ha rigettato il ricorso dell’Agenzia, riconoscendo il legittimo affidamento del contribuente e condannando l’amministrazione a rifondere le spese del giudizio di legittimità.
Questa sentenza ribadisce l’importanza del rispetto del principio di buona fede e della tutela dei contribuenti in presenza di errori commessi dall’amministrazione fiscale.