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Il 16 novembre è stato approvato definitivamente alla Camera, con 159 sì e 53 no, il Disegno di legge che vieta la carne coltivata in Italia. Trasmesso dal Senato il 20 luglio, il Ddl sulla cultured meat contiene “disposizioni in materia di divieto di produzione e di immissione sul mercato di alimenti e mangimi costituiti, isolati o prodotti a partire da colture cellulari o di tessuti derivanti da animali vertebrati nonché di divieto della denominazione di carne per prodotti trasformati contenenti proteine vegetali”.
Carne coltivata, il divieto è legge
Presentato dal ministro dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste Francesco Lollobrigida e dal ministro della Salute Orazio Schillaci, il Disegno di legge è stato scritto e difeso con il supporto della Coldiretti. Il Ddl ha l’obiettivo di “assicurare la tutela della salute umana e degli interessi dei cittadini” e “preservare il patrimonio agroalimentare” italiano, vietando agli operatori del settore la “produzione e commercializzazione di alimenti e mangimi costituiti, isolati o prodotti a partire da colture cellulari o di tessuti derivanti da animali vertebrati”.
L’Italia diventa così il primo Paese al mondo a proibire la produzione e la commercializzazione di questi alimenti. La legge vieta anche l’uso di terminologie specifiche della macelleria, della salumeria e della pescheria e di denominazioni legali riferite alla carne e a specie animali per la cosiddetta meat grown, la carne coltivata in laboratorio a partire da cellule animali. I prodotti alimentari plant-based e a base di proteine alternative dovranno avere i loro nomi specifici: non si potrà più parlare di hamburger di ceci o di polpette di soia.
Si fa eccezione solo “quando le proteine animali sono prevalentemente presenti nel prodotto contenente proteine vegetali e purché non si induca in errore il cittadino che consuma sulla composizione dell’alimento”. Entro la fine del 2023 il MASAF pubblicherà un elenco delle denominazioni di vendita degli alimenti a base di proteine vegetali ritenute ambigue.
Le multe per chi produce carne artificiale
Il Disegno di legge prevede multe salate per chi produce e commercializza carne coltivata con una sanzione amministrativa pecuniaria che va da un minimo di 10.000 euro fino a un massimo di 60.000 euro, oppure con multa fino al 10% del fatturato totale annuo “realizzato nell’ultimo esercizio chiuso anteriormente all’accertamento della violazione, quando tale importo è superiore a 60.000 euro”. La sanzione massima non può comunque eccedere i 150.000 euro.
Oltre alla multa, la violazione include pure “la confisca del prodotto illecito, l’applicazione delle sanzioni amministrative del divieto di accesso a contributi, finanziamenti o agevolazioni o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, da altri enti pubblici o dall’Unione europea per lo svolgimento di attività imprenditoriali, per un periodo minimo di un anno e massimo di tre anni, nonché la chiusura dello stabilimento di produzione, per lo stesso periodo”.
Quale sarà il futuro dei cibi coltivati
Lollobrigida definisce il Ddl che vieta la carne “pulita” senza macellazione diretta “una delle leggi più democratiche che abbiamo avuto nella nostra nazione, nata in seguito a una petizione che chiede di vietare questo tipo di produzioni”. “Auspichiamo che l’esempio italiano venga seguito a livello europeo, con lo stesso modello con il quale si scelse di evitare gli Ogm nel continente”, aggiunge il ministro.
L’Italia, in realtà, rischia di incappare in una procedura d’infrazione
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