Cannabis bocciata: referendum inammissibile

Di Gianluca Perrotti 2 minuti di lettura
Wall Street

A comunicarlo Giuliano Amato: Il referendum proponeva di intervenire sia sul piano della rilevanza penale sia su quello delle sanzioni amministrative

La decisione proviene dalla Corte Costituzionale che giudica il referendum sulla cannabis è inammissibile. La bocciatura è stata annunciata dal presidente della Corte Costituzionale, Giuliano Amato. Il referendum votato positivamente dal popolo del web nei mesi passati arrivato alla Corte è stato mal giudicato.

Il Presidente della Corte afferma: “Abbiamo dichiarato inammissibile il referendum sulle sostanze stupefacenti, non sulla cannabis. Il quesito è articolato in tre sottoquesiti ed il primo prevede che scompaia, tra le attività penalmente punite, la coltivazione delle sostanze stupefacenti di cui alle tabelle 1 e 3, che non includono neppure la cannabis ma includono il papavero, la coca, le cosiddette droghe pesanti. Già questo sarebbe sufficiente a farci violare obblighi internazionali. Se il quesito è diviso in tre sottoquesiti, io non posso toccare questo treno: se il primo vagone deraglia, si porta dietro gli altri due”.

Il referendum fa riferimento all’abrogazione del Decreto del Presidente della Repubblica del 9 ottobre 1990, n. 309, avente ad oggetto “Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza”. Gli articoli oggetto del cambiamento sarebbero stati : Articolo 73, comma 1, Articolo 73, comma 4; Articolo 75 riferito alla sospensione della patente di guida.

In realtà occorre forse riflettere sui termini sostanze stupefacenti che include sostanze davvero differenti tra loro e che causano diversi danni. il Belpaese ha le leggi molto severe sulle droghe rispetto all’Europa: infatti è ben 35% la percentuale dei detenuti in carcere per aver violato il testo unico sugli stupefacenti, In Europa la media è del 18%. La cessione delle sostanze è addirittura punita con il carcere fino a 20 anni e sette volte su dieci, le forze dell’ordine arrestano anche in casi di lieve entità.

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