Boom del mercato del lavoro nel Nord Italia: il Sud resta indietro

Di Francesca Parisi 3 minuti di lettura
Lavoro empatico

In Italia, la qualità del lavoro e il benessere aziendale mostrano un netto divario tra il Nord e il Mezzogiorno, con la Lombardia che si posiziona in cima alla classifica per le migliori condizioni lavorative del Paese: è quanto emerge da un’analisi dell’Ufficio studi della Cgia, basata sul rapporto Benessere Equo Sostenibile (Bes) dell’Istat.

Nord Italia: un esempio di eccellenza nel benessere aziendale

La Lombardia si distingue per la qualità del lavoro e il benessere aziendale, superando altre regioni italiane. A seguire si posizionano la Provincia Autonoma di Bolzano e il Veneto, che completano il podio delle migliori realtà lavorative del paese e altre regioni, come la Provincia Autonoma di Trento, il Piemonte e la Valle d’Aosta mostrano risultati positivi, evidenziando una tendenza generale al miglioramento nelle piccole e medie imprese (PMI) del Nord Italia.

Questo processo di miglioramento, in corso da alcuni anni, si manifesta attraverso salari più alti, trasformazione dei contratti da termine a indeterminato, orari di lavoro flessibili, accesso a strumentazioni più avanzate, promozioni e l’introduzione di benefici e welfare aziendale.

Sud Italia: una realtà più complessa

In netto contrasto con il Nord, il Mezzogiorno d’Italia continua a lottare con sfide significative in termini di qualità del lavoro e benessere aziendale e, a eccezione della Sardegna, tutte le regioni meridionali si trovano nelle posizioni più basse della classifica nazionale, con la Sicilia, la Calabria e la Basilicata che occupano gli ultimi posti. Queste regioni affrontano difficoltà crescenti nel trovare profili con competenze adeguate, una situazione che impedisce il pieno sviluppo del potenziale lavorativo e economico dell’area.

La fuga di talenti

Nonostante i miglioramenti nel Nord, la migrazione professionale interna è in aumento, con un numero crescente di lavoratori che lasciano i posti di lavoro a tempo indeterminato per opportunità migliori.

Secondo l’Inps, le dimissioni volontarie sono aumentate significativamente, con 1.047.000 casi nel 2022, un incremento del 29% rispetto al 2019, un fenomeno che riflette una crescente tendenza dei lavoratori a cercare condizioni lavorative più favorevoli, spesso motivate da offerte salariali superiori e ambienti lavorativi meno stressanti.

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