Banche, dopo Unicredit e Intesa-Ubi tocca a Bpm: chiudono 200 filiali

Di Redazione FinanzaNews24 4 minuti di lettura
Wall Street

Da settimane vi stiamo raccontando quanto peserà questo 2020 sul mondo delle banche. E non tanto dal punto di vista della tenuta del sistema finanziario, pur fragile, soprattutto per via dell’emergenza Coronavirus, dell’instabilità legata alle elezioni negli Usa, dell’aumento dello spread e delle ricadute provenienti dalla Cina. Quanto soprattutto riguardo alla sfera lavorativa.

Unicredit, Intesa-Ubi e Bpm

Dopo aver preannunciato un annus horribilis per i dipendenti delle banche, e dopo l’annuncio dei pesanti tagli decisi da Unicredit, delle conseguenze sui posti di lavoro collegate alla fusione Intesa Sanpaolo-Ubi, ora è la volta di Banco Bpm. La banca ha chiuso il 2019 in utile e ha annunciato nuovi dividendi, ma la road map è tracciata: anche Bpm taglierà probabilmente posti di lavoro.

L’utile netto consolidato è stato di 797 milioni di euro, che si confronta con una perdita di 59 milioni dell’esercizio 2018. Il 2019 ha visto scendere il margine di interesse del 12,9%, mentre le commissioni sono scese del 3,6%. In generale, i proventi operativi fanno segnare un -10%, a 4.293 milioni di euro.

Il piano Bpm 2020-2023

Banco BPM ha registrato un ulteriore rafforzamento patrimoniale ed è tornato il dividendo. Il Consiglio di amministrazione ha deliberato di proporre alla prossima assemblea la distribuzione di un dividendo cash per azione di 0,08 euro, per complessivi 121,2 milioni di euro.

Tuttavia, nel nuovo piano industriale appena presentato dall’ad Giuseppe Castagna, la parola d’ordine è razionalizzare i costi. L’obiettivo di utile netto è di circa 770 milioni di euro nel 2023, e si prevede la chiusura di 200 filiali su un totale di 1727, che porteranno 1.100 esuberi, equivalenti al 5% della forza lavoro. Un piano non certo lacrime e sangue come nel caso di altri gruppi bancari, ma comunque significativo.

Il precedente piano aveva ridotto l’organico del 12%, ben al di sopra del 2,7% stimato inizialmente. Lo stesso vale per le filiali, già diminuite del 30% negli anni scorsi. In questo caso, comunque, le uscite sono almeno in parte bilanciate da diverse assunzioni.

La reazione e la proposta dei sindacati

Immediata la reazione del segretario nazionale Fabi, Giuliano Xausa: “Vogliamo esuberi solo di carattere volontario, con un’assunzione ogni due uscite al netto del turn over” ha dichiarato. E si spinge persino oltre, con affermazioni molto forti: “Non nascondiamo le nostre perplessità sulla chiusura di 200 filiali, in territori dove daremo i clienti in mano a Poste, che sono concorrenti sleali, con un impatto negativo sulle quote di mercato“.

Fabi, proprio in questa situazione di emergenza dettata dalla diffusione del Coronavirus, per creare nuovi posti di lavoro ha chiesto più formazione per creare nuove figure professionali legate all’offerta di digitale. Ha anche chiesto informazioni sulla possibile vendita degli immobili di proprietà e sollecitato un “cambio di passo” sulle relazioni industriali.

Articolo originale di Quifinanza.it.

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