La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 17415 del 25 giugno 2024, ha stabilito che una banca è responsabile per gli accrediti effettuati su IBAN errati indicati dal pagatore, se il destinatario effettivo non è titolare di un conto presso la banca stessa. La decisione implica che la banca è tenuta a rispondere nei confronti del beneficiario che non ha ricevuto i fondi, a meno che non riesca a dimostrare di aver adottato tutte le cautele necessarie per evitare tale errore.
Le cautele necessarie per evitare l’errore
Secondo la Cassazione, la banca deve dimostrare di aver preso tutte le precauzioni necessarie per evitare l’accredito errato. Ciò include l’adozione di sistemi di controllo e verifica che riducano al minimo il rischio di errori. In caso contrario, la banca deve provare di aver agito in modo da permettere al pagatore di individuare correttamente il destinatario del pagamento, anche fornendo informazioni anagrafiche o societarie necessarie. L’esigenza di tutelare gli interessi giuridicamente rilevanti prevale, in questo contesto, sulla riservatezza dei dati.
Distinzione tra pagatore e beneficiario insoddisfatto
L’ordinanza distingue tra due scenari principali:
- Operazioni su disposizione errata del pagatore: Se l’errore provoca un danno al cliente che ha disposto il pagamento, la banca è responsabile solo se si dimostra che era consapevole dell’errore. Per difendersi, la banca può dimostrare che l’operazione è stata eseguita tramite un sistema automatizzato che non richiede un controllo manuale di congruità, escludendo così la consapevolezza dell’errore da parte dell’istituto bancario.
- Danno al beneficiario non titolare di un conto: Se l’operazione danneggia un beneficiario che non ha un conto presso la banca, questa ha un dovere di diligenza maggiore. Deve quindi dimostrare di aver adottato tutte le misure necessarie per evitare l’errata individuazione del beneficiario del pagamento. In mancanza di tale prova, la banca è responsabile del danno subito dal beneficiario insoddisfatto.