Alzheimer negli Usa il primo farmaco per rallentare il decorso della patologia

Di Antonia De La Vega 3 minuti di lettura
alzheimer

Il via libera della FDA per il farmaco per il morbo di Alzheimer, adcanumab, arriva oggi dopo vent’anni di ricerche fallite in questo settore e certamente fa sperare di milioni di pazienti in tutto il mondo frustrati da centinaia di fallimenti terapeutici.

Secondo la FDA che ha comunque richiesto una nuova sperimentazione clinica, la terapia di Biogen potrebbe ritardare il decorso della malattia. La decisione della FDA è arrivata nonostante le obiezioni  di alcuni esperti di Alzheimer secondo cui non c’erano prove sufficienti che il farmaco potesse effettivamente aiutare i pazienti.
La terapia consiste in un’iniezione endovenosa al mese  che aiuterà a rallentare il deterioramento delle funzioni cognitive causate dalla malattia di Alzheimer  nei pazienti che si trovano in una fase iniziale della malattia. Questo è il primo che interessa il decorso e non si limita ad aggredire i sintomi della demenza .

“Siamo consapevoli dell’attenzione che sta circondando questa approvazione – ha affermato Patricia Cavazzoni, che dirige il Centro per la valutazione e la ricerca sui farmaci della FDA – Sappiamo che la terapia ha catturato l’attenzione della stampa, dei pazienti e di molti soggetti interessati».

Negli ultimi anni, la terapia per l’ Alzheimer è diventata il Santo Graal della medicina. Molto sono stati i tentativi fatti per trovare una cura per bloccare il decorso:  nel 2018, un editoriale su Jama ha esaminato 400 studi clinici falliti di potenziali terapie nell’uomo che hanno coinvolto diverse multinazionali che hanno deciso poi di abbandonare completamente la ricerca in quest’area.  Attualmente, secondo il sito del Ministero della Salute, il numero totale di pazienti affetti da demenza è stimato oltre 1 milione (di cui circa 600.000 affetti da demenza di Alzheimer), e circa 3 milioni di persone sono direttamente o indirettamente coinvolte nel  trattamento .

«È il primo farmaco dopo vent’anni che sembra poter aiutare i malati, ma non sarà per tutte le persone colpite da Alzheimer» afferma Paolo Maria Rossini, direttore del Dipartimento di neuroscienze-neuroriabilitazione dell’IRCCS  San Raffaele Roma. «Questo nuovo farmaco» continua Rossini, «è il primo in grado di interferire con uno dei tanti “killer”, la proteina beta-amiloide ma per quello che ricordo ha potenziali effetti collaterali come microemorragie cerebrali. Chi lo farà ( stimo in Italia circa 100mila pazienti candidabili se ci sarà l’ok dell’Ema e dell’Aifa) dovrà sottoporsi a risonanze magnetiche e aver documentato la presenza della proteina beta-amiloide».

Positivo il commento anche del genetista Giuseppe Novelli (Università Tor Vergata): «Un anticorpo monoclonale per l’Alzheimer è stato approvato dall’Fda. Se confermato da studi più estesi, è una gran bella notizia»

Condividi questo articolo
Exit mobile version