Alla scoperta del Talent shortage

Di Antonia De La Vega 5 minuti di lettura
skills shortage

Si chiama “Talent shortage” e si contrappone allo “skill shortage”. Entrambi sono  l’incubo di ogni Responsabile HR. Nel primo caso parliamo di “talento in alcune competenze” tanto ricercate dalle aziende di tutto il mondo e in specifici settori di nicchia, nel secondo caso parliamo di “mancanza di alcune competenze all’interno dell’azienda” ovvero dell’impossibilità di riempire posti vacanti con professionalità adeguate.

In un momento storico in cui il settore dell’occupazione ha proiezioni di forte crescita con l’aumento del PIL previsto per il 2021 e per il 2022, gli esperti del Mondo HR si guardano attorno per indagare le esigenze del mercato del lavoro. Ci si concentra molto sulle competenze e si  analizzano  le percentuali di  “talent shortage” e skill shortage del Belpaese.

Definito anche con il termine di mismatch, lo skill shortage è un fenomeno pericoloso capace di frenare la crescita di un’azienda. I fattori che possono causarlo sono molteplici tra cui la tecnologia, il contesto istituzionale e le dinamiche del mercato del lavoro. Occorre contrastarlo per poter accedere alla corsa alla ripresa che inizierà già al termine dell’estate.

“A un anno e mezzo dall’inizio della pandemia, con l’avanzare della campagna vaccinale e la diminuzione dei contagi, il mercato comincia a riprendersi.  – conferma anche Stefano Scabbio, presidente di ManpowerGroup per il Sud Europa –  In molti settori, tra cui manifatturiero, edilizia e servizi, c’è una tendenza positiva nell’intenzione dei datori di lavoro di assumere, raggiungendo il 7% a livello nazionale. Ripristinare l’attenzione umana e creare un nuovo futuro per l’industria accelerando la trasformazione digitale e lo sviluppo sostenibile”.

I posti di lavoro ci sono, occorre però cercare e formare talenti con competenze altamente specializzate anche per quanto concerne i manager. Nel Belpaese c’è una carenza di talenti.

“In un mondo in cui i modelli di business si stanno rapidamente trasformando e dove la disoccupazione è in rapido aumento a causa della pandemia, si osserva che la carenza di talenti è sempre più importante  – riferisce Stefano Scabbio – un fenomeno che ribadisce che i datori di lavoro hanno difficoltà a trovare persone con le giuste competenze. In Italia quest’anno ha raggiunto l’85%, che è il più alto tra i più grandi al mondo ed è quasi raddoppiato negli ultimi 3 anni. I settori della logistica, della manifattura, dell’informatica e delle vendite sono tra i settori in cui le categorie professionali sono più difficili da attrarre. Ed è in questo scenario che bisogna ripartire con l’innovazione tecnologica e la qualificazione del capitale umano, due dimensioni fondamentali, per colmare questo gap di competenze”.

Tuttavia, le proiezioni di assunzione devono tenere conto di una crescente carenza di talenti che ha raggiunto il picco in 15 anni: le competenze hard e soft sono le più difficili da trovare. In Italia Manpower registra l’85%, il più alto degli ultimi dieci anni ed è quasi raddoppiato negli ultimi 3 anni. Un’indagine globale su 42.000 aziende mostra che quasi 7 datori di lavoro su 10 (69%) riferiscono di avere difficoltà ad assumere nuovo personale, il livello più alto raggiunto dal 2006. Questo vale per l’Italia, dove la percentuale raggiunge l’85%, ma anche per la Francia (88% ), Romania (86%), Svizzera (83%), Belgio (83%) e Turchia (83%). I tassi più bassi sono stati registrati in Cina (28%), Stati Uniti (32%), India (43%) e Sud Africa (46%). A livello globale, la carenza di talenti è maggiore nelle grandi aziende.

In particolare, i contratti a termine e a tempo determinato stanno contribuendo alla ripresa del mercato del lavoro, segno di grande cautela nelle imprese e di difficoltà nel fare previsioni a lungo termine. Secondo l’ultimo rapporto Istat, ad aprile è proseguita la crescita dell’occupazione, già registrata nel bimestre precedente, con un incremento di oltre 120mila persone rispetto a gennaio 2021. La crescita ha coinvolto sia uomini che donne, ma, come spiega l’Istat, concentrata sui lavoratori interinali.

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