A definirlo chiaramente è la Cassazione: per mantenere il sussidio della prima casa non basta la richiesta, occorre l’effettivo trasferimento del luogo di residenza nella nuova casa.
La sola presentazione della domanda di trasferimento non consente di completare la procedura richiesta per l’accesso al primo oggetto abitativo, ma è comunque necessario dimostrare un effettivo cambio di residenza. Ciò è stato confermato dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 667 del 12 gennaio 2023, risolvendo la controversia tra il fisco e il contribuente.
Agevolazioni prima casa
La semplificazione nell’acquisto della prima casa consiste in una serie di agevolazioni fiscali, a partire dall’applicazione dell’imposta di registro ridotta al 2%, e delle imposte ipotecarie e catastali pagate in misura fissa di 50 euro. Per beneficiare dell’esenzione, l’acquirente non solo non deve possedere altre abitazioni, ma l’immobile deve trovarsi anche nel comune in cui l’acquirente ha o stabilisce la propria residenza entro 18 mesi dall’acquisto. .
Quest’ultimo requisito, in particolare, in varie dichiarazioni e nelle disposizioni della pratica diventa sempre fondamentale, da cui è impossibile discostarsi.
Requisito di residenza
Secondo l’Agenzia delle Entrate, infatti, il primo contributo abitativo doveva essere revocato al contribuente per l’impossibilità di trasferire la residenza entro i 18 mesi successivi alla data di acquisto dell’abitazione. Tuttavia, secondo l’acquirente, la richiesta di trasferimento era sufficiente. Come spiega la sentenza della Cassazione, in tema di imposta di registro: Il beneficio fiscale della “prima casa”, al di fuori dell’assunzione di lavoro subordinato, spetta esclusivamente al soggetto che ha trasferito la sede legale presso il comune in cui l’immobile è stato acquistato, entro il termine di prescrizione legale.
Pertanto, nel caso in cui non avvenga l’effettivo trasferimento di residenza, il contribuente può mantenere il beneficio solo se il procedimento amministrativo non si è ancora concluso per cause indipendenti dalla sua volontà, ovvero se esso viene chiuso per diniego del trasferimento. in una precedente sentenza (4800/2015), la Cassazione si è espressa in modo ancora più perentorio, ritenendo che le lungaggini burocratiche in relazione a un cambio di residenza o permessi vari non giustifichino il rifiuto di cambiare residenza entro 18 mesi.