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Dal 7 ottobre scorso le quotazioni dell’oro hanno guadagnato il 10% riaffacciandosi sopra i 2.000 dollari l’oncia. L’innesco del rialzo è stato l’attacco, nelle prime ore della giornata, di Hamas a Israele. La reazione dello Stato ebraico è stata veemente ed è in pieno svolgimento, così come presente è il rischio che il conflitto coinvolta altri attori, in primo luogo l’Iran. Tuttavia finora non sono arrivare repliche dalla Repubblica islamica all’inizio delle operazioni via terra da parte di Israele.
Lo scenario di tensione bellica in Medio Oriente, tuttavia, è destinato a sostenere ancora il metallo prezioso nel suo ruolo di bene rifugio. A parere di Imaru Casanova, gestore di portafoglio oro e metalli preziosi di VanEck, la guerra non è però l’unico fattore rialzista.
Quotazioni dell’oro: Fed e dollaro possono giocare contro
Prima dell’attacco di Hamas le quotazioni dell’oro stavano attraversando un periodo di ribasso. Erano scivolate sotto i 1.900 dollari l’oncia nell’ultima settimana di settembre. Sul metallo prezioso pesavano, in quel frangente, la rivalutazione del dollaro USA e dei rendimenti dei Treasury, a loro volta spinti dalla riunione della Fed di settembre. In quell’occasione gli investitori hanno realizzato che nel 2024 i membri del Comitato di politica monetaria prevedono due soli tagli dei tassi di interesse contro i quattro stimati in precedenza.
Stasera la Fed comunicherà la sua decisione sui tassi di interesse. Ci sono pochi dubbi sul fatto che i Fed funds rimarranno fermi nell’intervallo tra 5,25% e 5,5%. Meno certo è che la manovra di rialzo sia giunta al capolinea. “Quella che ci si aspettava fosse una pausa della Federal Reserve statunitense nella riunione del 20 settembre si è trasformata in una pausa solo temporanea, dopo che il presidente della Fed e successivamente altri membri hanno chiarito ai mercati di essere pronti a nuovi rialzi, se necessario, e a mantenere i tassi a un livello restrittivo per continuare a combattere l’inflazione” commenta Casanova.
Tuttavia lo scenario si sta rapidamente evolvendo. Le trimestrali USA, diversamente da quanto accaduto in altre occasioni, non sono state il muro senza crepe di utili e ricavi sopra le attese. Questo permette a Casanova di affermare che “quando i mercati saranno colpiti da un calo degli utili societari, da una profonda correzione dei mercati azionari, da un mercato del lavoro più debole o da un aumento significativo della disoccupazione, oltre che da tassi d’interesse elevati e sostenuti, sotto lo stress di un’inflazione superiore al target, riteniamo che l’oro sarà ben posizionato per trarne beneficio”.
Il giudizio ottimista di Casanova si estende anche alle azioni aurifere che nel mese di settembre hanno sofferto insieme all’oro. Anzi, secondo il gestore di portafoglio di VanEck, i titoli di queste società dovrebbero beneficiare ancora in maggiore misura dello scenario descritto in quanto scambiate a multipli di valutazione storicamente bassi e in ritardo rispetto all’andamento dell’oro fisico. “I bilanci, la generazione di flussi di cassa e le strategie di allocazione del capitale del settore minerario aurifero sono forti come non lo sono mai stati” aggiunge Casanova.
Sostenuta domanda di oro da oriente
Da oriente non arrivano solo i venti di guerra ma anche la domanda di oro. Secondo le rilevazioni di Bloomberg, in Cina nel 2023 le vendite di lingotti e monete d’oro sono aumentate del 30%. La domanda è cresciuta anche in Turchia, paese che insieme alla Repubblica popolare cinese è tra i maggiori consumatori di oro orientali. “La domanda proveniente da Cina e Turchia – spiega il portfolio manager di VanEck ha contribuito a colmare il vuoto lasciato dal calo della domanda d’i
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