(Money.it) Tempi duri per l’ex Presidente Usa, infatti dopo l’inchiesta di Manhattan per la falsificazione di documenti aziendali e il rischio di incriminazione, Donald Trump è stato condannato per abuso sessuale, percosse e diffamazione. Così ha stabilito la giuria nel processo Carroll, che prende il nome dalla vittima, la giornalista Jean Carroll, che Trump continua ad accusare di menzogna e arrivismo.
Donald Trump e la condanna per abuso sessuale
Il verdetto raggiunto questa mattina dai giurati di New York riguarda il fatto risalente al 1996, riportato dalla giornalista Jean Carroll e supportato dall’avvocata Roberta Kaplan durante il processo. Stando ai racconti della vittima – in buona parte accreditati dal verdetto della giuria – Trump l’avrebbe violentata in un camerino di un noto negozio di biancheria intima.
Denunciare una violenza sessuale è sempre un processo che richiede tempo, soprattutto se a tutto l’aspetto traumatico ed emotivo si aggiunge la paura di non avere credibilità. Insomma, anche se le motivazioni sono personali e ogni scelta è rispettabile, non è difficile immaginare come siano scaduti i termini della giustizia penale prima che Jean Carroll denunciasse Trump, a conti fatti uno degli uomini più potenti del pianeta.
In effetti, la tesi dell’ex presidente è sempre stata l’acclamazione di una caccia alle streghe contro di lui per screditarlo in vista delle elezioni. Trump sostiene, infatti, che la donna fosse in cerca di fama e soldi, spinta da chissà quali motivazioni politiche per accusare un uomo di potere, sedicente innocente. Dichiarazioni che hanno procurato a Trump anche la condanna per diffamazione, nel rapido ve
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