L‘Italia riparte, ma solo a parole, una serie di attività essenziali per far ripartire i consumi vedrà la partenza ritardata ad un soffio dall’estate. Bar e ristoranti, ad esempio, non ripartono adesso, in quanto sarà consentito il solo servizio da asporto, mentre la consumazione al tavolo o al banco (nel caso di bar e caffetterie) sarà permessa solo a partire dal 1° giugno.
La “liberazione” è un sogno anche per i negozi al dettaglio (abbigliamento, pelletterie, negozi di scarpe, profumerie, ecc) che dovranno attendere altre due settimane per alzare la saracinesca (fino al 18 maggio).
E parrucchieri, barbieri ed estetiste? La loro attesa sarà lunghissima e sofferta, perché non ci sarà alcuna ripartenza fino al 1° giugno. Considerando poi che questa data cade di lunedì (giorno di chiusura settimanale peri questo genere di attività) e che l’indomani, 2 giugno, è la festa della Repubblica, l’inizio delle attività scatterà solo il 3 giugno, ad un soffio dall’estate.
Fine del lockdown? E’ una chimera per migliaia di attività che sono state duramente colpite dalla crisi e che probabilmente non sopravvivranno a questo periodo drammatico della nostra storia. Saranno in molti a cessare l’attività, soprattutto i più piccoli.
PARRUCCHIERI ESTETISTE & CO: 1 SU 4 A RISCHIO CHIUSURA
Si stima che siano 130 mila le imprese artigiane che svolgono attività collegate alla cura della persona (parrucchieri, estetisti ecc.) con un giro d’affari di circa 6 miliardi l’anno e 263.000 addetti. La chiusura di queste attività ha già causato 1,5 miliardi di perdite e si stima che il 25% di questi negozi non riusciranno a sopravvivere a questa emergenza economico-sanitaria, perché la gran parte (il 90%) è di dimensioni miniaturizzate (vi lavora il proprietario ed uno o due lavoranti) e son caratterizzate da fatturati e margini molto bassi, sufficienti a malapena a coprire i costi e generare un reddito per il titolare e chi vi lavora.
A RISCHIO ANCHE 50 MILA FRA BAR, RISTORANTI ED ESERCIZI DI INTRATTENIMENTO
Prospettive drammatiche anche per bar ristoranti, esercizi di intrattenimento e collegati con il turismo: un settore che genera 85 miliardi di fatturato ed impiega 1,2 milioni di addetti. Secondo la Fipe-Confcommercio, a a causa di questa crisi, che ha generato 30 miliardi di perdite saranno in 50 mila a chiudere l’attività, mettendo a rischio almeno 300 mila posti di lavoro.
L’ETERNO PROBLEMA DI PAGARE L’AFFITTO ED IL CROLLO DELL’IMMOBILIARE
Le dimensioni ridotte di queste attività e la scarsa capacità di coprire i costi fissi (affitto, utenze ecc.) avranno ripercussioni non solo sulla sopravvivenza di queste attività e sui posti di lavoro, ma anche sul mercato immobiliare. In Italia sono presenti quasi 2 milioni di unità immobiliari accatastati come categoria C1 (negozi e botteghe) e oltre 1,5 milioni sono di proprietà di persone fisiche. Il 51% del totale sono affittate da persone fisiche (809 mila) che sicuramente avranno gravi difficoltà a pagare il canone di locazione. Sono già in molti gli inquilini di negozi che hanno chiesto (e in alcuni casi preteso) una sospensione o una riduzione dell’affitto. Il settore del commerciale rischia ripercussioni enormi. La soluzione? Sicuramente si chiede il ripristino della cedolare secca, che consentirà senza dubbio di ridurre/rimodulare più facilmente l’affitto, ma un costo senza guadagno è pur sempre troppo salato. E la speranza di un accorciamento del lockdown ora delusa.
Articolo originale di Quifinanza.it.