(Money.it) Per effetto della rivalutazione cambia l’importo del ticket di licenziamento, il contributo che viene richiesto al datore di lavoro per ogni cessazione di un rapporto di lavoro dipendente per una delle casistiche che possono dar luogo all’indennità di disoccupazione Naspi.
L’importo del ticket è legato al trattamento di disoccupazione: quindi, così come quest’ultimo, è annualmente soggetto a rivalutazione in base all’inflazione. In particolare l’aumento dei prezzi rilevato nel 2022 ha comportato un notevole incremento per la Naspi e di conseguenza anche del ticket in oggetto: da quest’anno diventa quindi più caro il costo da sostenere per licenziare uno o più dipendenti.
Ma d’altronde lo scopo del ticket di licenziamento è proprio quello di disincentivare i licenziamenti, oltre che a contribuire alla spesa di cui si fa carico lo Stato per il pagamento delle relative indennità di disoccupazione. Ed è per questo motivo che il ticket di licenziamento va pagato in ogni caso di cessazione di un rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato che dà diritto alla Naspi.
Tenendo conto delle ultime novità in materia, come disciplinate dalla circolare Inps n. 14 del 3 febbraio 2023, ecco una guida aggiornata sul ticket di licenziamento: dai casi in cui va pagato alle informazioni su quanto costa a un’azienda licenziare uno o più dipendenti nel corso del 2023.
Ticket licenziamento 2023
- Cos’è
- Quando si paga
- Calcolo e importi 2023
Cos’è
Il ticket licenziamento è quel contributo a carico delle aziende e dei datori di lavoro introdotto dalla cosiddetta Riforma Fornero (legge 92/2012). È dovuto in tutti i casi in cui c’è un’interruzione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato, a eccezione di quando è il lavoratore a presentare le dimissioni. L’impresa non è dovuta al pagamento del ticket per il licenziamento neppure nel caso di risoluzione consensuale del contratto di lavoro.
Questo ha preso il posto dell’indennità di mobilità dal 1°gennaio 2017 ed ha un duplice obiettivo:
- finanziare la Naspi, l’indennità di disoccupazione che l’Inps, salvo eccezioni, riconosce a chi perde il proprio lavoro;
- scoraggiare i licenziamenti.
Il datore di lavoro quindi non ha più l’obbligo di pagare la tassa per l’iscrizione del dipendente che ha perso i
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