(Money.it) Si fa strada un nuovo taglio delle tasse in busta paga che si andrà ad aggiungere a quelli già esistenti contribuendo così ad aumentare lo stipendio netto a parità di lordo.
Nel dettaglio, sono due le voci che vengono “attaccate” con il taglio al cuneo fiscale, ossia la differenza che c’è tra l’importo lordo versato dal datore di lavoro e il netto effettivamente percepito dal dipendente: i contributi previdenziali e l’imposta sul reddito (Irpef).
Se per i primi è già intervenuta la legge di Bilancio 2023 confermando e potenziando lo sgravio contributivo per chi guadagna meno di 2.692 euro lordi, per quanto riguarda le imposte è in programma una riforma fiscale che andrà a favorire i lavoratori inquadrati in una certa fascia di reddito. Il tutto con l’obiettivo di aumentare gli stipendi senza pesare troppo sui datori di lavoro, anzi: nel prossimo futuro il governo Meloni ha intenzione di ridurre persino il cuneo fiscale lato azienda, tagliando una parte dei contributi che questa versa per la copertura previdenziale e assicurativa del dipendente.
Per il momento, però, concentriamoci su quali sono le misure che tagliano le tasse sulle buste paga già nel 2023, sia in vigore che in programma, facendo luce su quali sono i vantaggi sullo stipendio.
Tabelle sgravio contributivo in busta paga
La prima misura è quella introdotta dalla legge di Bilancio 2023 e che per la maggior parte dei lavoratori interessati dovrebbe già essere stata applicata in busta paga.
Si tratta di una riduzione della quota contributi Ivs a carico del lavoratore, solitamente pari al 9,19% nel settore privato e all’8,80% nel pubblico, in misura variabile a seconda dell’importo dello stipendio percepito.
Nel dettaglio, sulla base di quanto già fatto dal governo Draghi nel 2022, Giorgia Meloni ha deciso di confermare uno sgravio del 2% per chi ha uno stipendio inferiore a 2.692 euro lordi, che su una proiezione annuale significa un reddito inferiore a 35.000 euro. Inoltre, laddove lo stipendio risultasse inferiore a 1.923 euro lordi, con proiezione di 25.000 euro l’anno, lo sgravio cresce al 3%.
Questa misura ha come vantaggio la riduzione della quota di contributi dovuta dal lavoratore senza però alcun impatto sulla pensione futura visto che è lo Stato a farsi carico della parte tagliata. Ciò contribuisce a un aumento dello stipendio netto a parità di lordo, ma va detto che il risparmio generato dal taglio della quota contributiva va considerato comunque al lordo: con il taglio dei contributi, infatti, aumenta l’imponibile su cui viene calcolata l’Irpef e di conseguenza l’imposta dovuta ne risulterà più alta.
A tal proposito, Il Sole 24 ore ha pubblicato una proiezione realizzata da De Fusco Labour & Legal dove vengono indicati effettivamente gli importi che entrano nelle
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