Una “proposta scientifica per tornare gradualmente alla nostra vita di sempre”, per riaprire in sicurezza l’Italia. Arriva da un team di esperti guidato da Roberto Burioni un piano preciso per ricominciare e iniziare a voltare pagina una volta calmierata l’emergenza Coronavirus.
Partendo dalla premessa, dicono i medici riuniti sul sito Medical Facts, che la grande epidemia italiana da COVID-19 non dovrebbe comportarsi in modo molto dissimile da ogni altra epidemia conosciuta, e cioè dovrebbe arrivare a un plateau sia come numero di nuovi casi che come numero di morti per giorno, e poi calare abbastanza rapidamente nel giro di alcune settimane, nel momento in cui si registreranno finalmente questi importanti segni di rallentamento, sarà importante iniziare rapidamente una discussione sulle strategie sanitarie a medio-lungo termine, che devono essere messe in atto per limitare i danni. Questo perché la strategia a breve termine, basata soprattutto sulle misure di isolamento e di distanziamento sociale della popolazione, non sembra essere sostenibile per più di alcune settimane.
Dalla fase pandemica a endemica
Una strategia adottabile nella fase 2, quando si osserveranno due-tre settimane di un trend stabile verso un numero molto basso di contagi e morti. Considerando il numero progressivamente crescente di persone infettate nel mondo, quello di cui Burioni e i suoi parlano è la transizione dalla fase “pandemica” di COVID-19 a quella “endemica”.
Dal punto di vista scientifico, ci sono almeno tre fattori chiave che possono contribuire allo scenario che prevede una prossima fine per la fase “acuta” dell’epidemia. Il primo fattore è l’isolamento individuale e il distanziamento sociale, oltre alle misure di igiene individuale. Il secondo fattore, tutto da valutare, chiariscono, è lo stabilirsi di immunità naturale verso COVID-19 in una parte importante della popolazione. Il terzo fattore è la stagionalità, che sappiamo valere per gli altri virus respiratori, compresi i coronavirus, che prediligono la stagione invernale.
Campionare la popolazione
Dei tre, solo l’immunità naturale ci potrà proteggere contro il ritorno del virus, ma l’efficacia e la durata di questa immunità non è ancora nota e dovrà essere monitorata nel tempo. Per cui, al momento, e non essendo disponibile un vaccino almeno parzialmente efficace, l’unico modo per valutare come questi fattori hanno agito nel ridurre il numero dei contagi (e la conseguente mortalità) è quello di campionare in modo statisticamente rilevante la popolazione generale nelle varie aree geografiche del Paese, per valutare sia lo stato dell’infezione attiva, tramite tamponi diagnostici (che ricercano il virus nella saliva), che lo stato di immunità della popolazione, tramite analisi sierologiche grazie a test validati per la presenza di anticorpi specifici.
Se, come prevedibile, il livello di immunità specifica nella popolazione risulterà basso, l’unica strategia per “riaprire” l’Italia sarà monitorare a intervalli regolari il possibile ritorno del virus per poter “giocare di anticipo” e prevedere un piano d’azione scalabile finalizzato, per esempio di rapido ripristino delle misure di isolamento individuale e di distanziamento sociale laddove vi sia il forte rischio di un focolaio epidemico, come osservato a Codogno e Vò Euganeo, in cui la costituzione di una “zona rossa” ha contribuito in modo importante al contenimento dell’infezione.
Se invece l’immunità acquisita spontaneamente si mostrerà sufficientemente alta, il monitoraggio dovrà focalizzarsi nel valutare le caratteristiche generali di questa immunità nel tempo, prevedendo di includere il monitoraggio virologico mediante tamponi diagnostici mirati, soprattutto se la presenza di una risposta immunitaria specifica desse segni di attenuazione o d’inefficacia.
La proposta
Per tornare gradualmente alla nostra vita di sempre, i medici di Medical Facts propongono la creazione di una struttura di monitoraggio e risposta flessibile, MRF, dell’infezione da SARS-CoV-2 e della malattia che ne consegue (COVID-19) e, possibilmente, in futuro, di altre epidemie.
Questa nuova struttura, con chiare articolazioni regionali, che opererebbe sotto il coordinamento di Protezione Civile e Ministero della Salute e il supporto tecnico dell’Istituto Superiore di Sanità, dovrà avere caratteristiche precise:
- capacità e risorse per poter eseguire un altissimo numero di test, almeno nell’ordine di molte migliaia alla settimana, sia virologici che sierologici nella popolazione generale asintomatica, con rapidissime procedure di autorizzazione da parte del Governo centrale e dai singoli governi regionali, da utilizzare in caso di segnale di attivazione di nuovi focolai epidemici;
- struttura di sorveglianza centrale potenziata presso l’ISS, che sia responsabile sia dell’analisi dei dati in tempo “quasi-reale”, che della loro presentazione da parte del Ministero della Salute, a frequenza regolare direttamente al Governo, al Parlamento e agli organismi sanitari sovranazionali;
- rafforzamento della capacità regionale di sorveglianza epidemiologica, sotto forma di centri periferici di monitoraggio a diffusione capillare sul territorio e con messa a punto di sistemi di “epidemic intelligence”, che rilevino precocemente ogni segnale di accensione di focolai epidemici;
- mandato legale di proporre in modo tempestivo e possibilmente vincolante provvedimenti flessibili in risposta a segnali di ritorno del virus, tra cui forme di isolamento sociale (sospensione di attività, eventi sportivi, scuole, ecc…); gestione di infetti e contatti (implementata anche attraverso l’uso di appropriate tecnologie come smartphone, app, etc come già sperimentato a Singapore e in Corea), potenziamento di specifiche strutture sanitarie;
- condivisione della strategia comunicativa con l’Ordine dei Giornalisti e i maggiori quotidiani a tiratura nazionale, nonché le principali testate radio-televisive pubbliche e private per evitare i danni potenziali sia dell’allarmismo esagerato che della sottovalutazione o addirittura negazionista, utilizzando anche l’esperienza sul campo nel rapporto medico-paziente.
Il rafforzamento del sistema sorveglianza-risposta a livello sanitario dovrà essere accompagnato da un piano complessivo di limitazione del rischio di attivazione di focolai epidemici nei luoghi di lavoro e nel sistema educativo scolastico. Tale piano dovrà prevedere una profonda ristrutturazione delle procedure e delle attività, che dovranno essere ridisegnate al fine di limitare la diffusione di virus respiratori.
Articolo originale di Quifinanza.it.