Ormai è risaputo che l’industria dei semiconduttori si trova in una tempesta per via degli approvvigionamenti.
Chiunque sia interessato alle azioni di semiconduttori dovrebbe prestare molta attenzione agli sviluppi del CHIPS for America Act, un programma governativo che ha come obiettivo quello di riportare l’industria dei semiconduttori in America.
La questione della delocalizzazione ormai è roba vecchia e risaputa. I paesi a basso salario con protezioni ambientali quasi inesistenti, ormai sono decenni che fanno da muletto per le multinazionali. Ma ora l’origine dei chip sembra essere diventata una preoccupazione per la sicurezza nazionale.
Ritornando al CHIPS for America Act, sembra che la pressione per approvare il disegno di legge viene tutta dall’industria, che sta ritardando la costruzione di nuove strutture fino a quando i finanziamenti non saranno garantiti.
Insomma, c’è un background non proprio avvincente. Ma nonostante questo, alcune aziende stanno portando avanti un’ottima politica. Una di esse è Micron Technology, Inc. (NASDAQ:MU).
Micron Technology, Inc.
Micron in effetti opera in un settore a cui il resto dell’industria statunitense, inclusa la BIG Intel, ha rinunciato.
Micron produce chip di memoria e storage. Due società coreane dominano il mercato delle memorie, ma Micron ha ancora una quota del 23%.
L’azienda è nota per la produzione di chip nella sua città natale di Boise, nell’Idaho, ma è un fornitore globale, con stabilimenti in Malesia, Taiwan e persino in Cina. Micron prevede di investire 150 miliardi di dollari nel prossimo decennio. Il CEO Sanjay Mehrotra afferma che, dopo gli eventuali sviluppi positivi del CHIPS for America Act , quelle risorse confluiranno negli Stati Uniti.
Poiché i chip di memoria sono materie prime, a differenza dei microprocessori, il loro prezzo e la redditività di Micron sono molto sensibili alla domanda e all’offerta. Ciò ha reso il titolo altamente volatile per molti anni. È stato scambiato per soli 10 dollari nel 2016 e a 97 nel mese di gennaio. È in calo del 37% rispetto all’anno, ma ciò è dovuto ai prezzi delle memorie che sono diminuiti per la prima volta da anni.