Prendersi cura di persone affette da demenza non è facile soprattutto se sono genitori, nonni o persone che sono state nostre guide quando erano in salute. Eppure cresce il numero di persone con demenza e anche quello dei caregivers che se ne prendono cura. Sono proprio queste persone che rischiano pesanti problemi psicologici come il “caregiver burnout”
Marco Trabucchi, direttore scientifico del Gruppo di ricerca geriatrica di Brescia e presidente dell’Associazione italiana di psicogeriatria ci spiega: “C’è un fenomeno, che nel mondo delle demenze è drammaticamente noto, ed è rimasto finora pressoché inaffrontato: è il ‘caregiver burnout’. Le criticità dell’assistenza alle persone con queste patologie sono di vario tipo: prima di tutto queste sono sempre situazioni che richiedono grande investimento di tempo fin dalle prime fasi della malattia, quando i sintomi sono meno forti ma già c’è un grande stress da parte della famiglia. Fino poi alla progressiva perdita di autonomia, all’allettamento e poi alla morte del proprio caro. Sono tutte fasi nelle quali il caregiver è coinvolto in maniera drammatica e non sempre riesce a rispondervi facilmente, anche perché l’assistenza richiede molta fatica fisica e psicologica”.
Questi caregivers vivono uno stato di profonda solitudine, molto spesso non sanno chi rivolgersi, molte volte non ha nessuno a cui chiedere, potrebbero rivolgersi al medico di famiglia e degli altri supporti ma il percorso lungo in cui molto spesso vive la persona con demenza limita anche la vista del caregivers che non riesce molto spesso a mantenere la sua socialità e a volte si crea un rapporto di dipendenza e di simbiosi tra la persona ammalata e chi se ne prende cura: un rapporto così stretto che al termine di vita della persona malata crea in coloro che un dolore infinito davvero difficile da superare e una sorta di dipendenza difficile da spezzare.