A questa cozza straordinaria si intitola anche una festa speciale che si svolge a fine giugno. Conosciuta non solo per il suo gusto è anche un grande esempio di sinergia tra attività industriali, ambiente e sviluppo economico del territorio
Quando sarete a Marina di Ravenna assaggiate questo straordinario prodotto e non ne resterete sicuramente delusi. La cozza di Marina di Ravenna è infatti un prodotto d’eccellenza e rappresenta il suo territorio che molto legato alla valorizzazione delle biodiversità. Questa varietà è tra le più pregiate nel Belpaese e cresce spontaneamente in alto mare, sulla parti sommerse delle piattaforme marine, dove un gioco di correnti fornisce loro ottimo cibo anche possano diventare grosse e gustose. Una cozza che proprio per la sua spontaneità è definita “selvaggia”.
Il grande valore di questo prodotto lo ha ben compreso anche Eni che al fine di salvaguardarne la crescita, implementa periodicamente un “servizio di pulizia” dei piloni delle piattaforme sui quali i mitili crescono spontaneamente. Le strutture sommerse delle piattaforme Eni infatti hanno creato negli anni uno straordinario habitat in cui numerose specie marine di pregio hanno trovato rifugio. Il Distretto centro settentrionale di Eni, responsabile delle piattaforme metanifere e della loro corretta manutenzione, infatti sostiene già da alcuni anni il percorso di valorizzazione di questo mollusco in quanto esso è testimone della sinergia tra attività industriali, ambiente e sviluppo economico del territorio.
Non solo cozze ma anche altre specie marine stanno beneficiando di questa sinergia che si viene spiegata da Cestha, un ente di ricerca senza scopo di lucro la cui finalità è la protezione ambientale che attraverso il suo direttore Simone D’Acunto. Le piattaforme Eni possono essere un posto sicuro anche per liberare in acqua le tartarughe marine dopo averle curate nel centro di recupero di Marina di Ravenna: “Ci occupiamo di ricerca e conservazione, in particolare su quest’ultima lavoriamo con i pescatori per le tartarughe. Recuperiamo anche quelle spiaggiate e che possono essere esemplari malati. Una volta curate le rimettiamo in mare. Ci occupiamo di un bene pubblico perché la fauna selvatica appartiene a tutti noi. Abbiamo scelto di liberare le tartarughe vicino alle piattaforme perché queste sono un’oasi protetta dalla pesca. É un posto sicuro per la loro incolumità. Crediamo sia il posto migliore per la libertà, la vita selvatica delle tartarughe che poi si adatteranno e sceglieranno dove andare”.