Si tratta di un fenomeno diffuso in tutto il mondo che incide sulla produttività e sul peso del PIL in molti paesi. Colmare il divario tra le competenze richieste e quelle offerte è fondamentale per la crescita. Ecco una mini-guida sulla mancata corrispondenza delle abilità
È una piaga che rischia di distruggere milioni di posti di lavoro e di ridurre la produttività di decine di paesi nel mondo. La definizione si riferisce al divario tra le competenze richieste alle imprese e le competenze dei lavoratori. Quanto maggiore è il disadattamento tra domanda e offerta, tanto maggiore è il suo impatto sul mercato del lavoro e sul PIL. Secondo il rapporto Mitigating the Global Skills Mismatch, pubblicato dal Boston Consulting Group, più di 1,3 miliardi di persone in tutto il mondo sono sovraqualificate o sottoqualificate per il lavoro che svolgono. Nei Paesi OCSE un lavoratore su tre non ha le competenze di cui hanno bisogno le aziende, e questa percentuale sale ancora di più se guardiamo all’Italia, dove lo skill mismatch arriva al 38,2%, con 10 milioni di lavoratori senza qualifica. profili richiesti dalle aziende.
L’emergenza Covid-19 ha acuito il problema, soprattutto vista la rivoluzione che lo smart work e il lavoro a distanza hanno portato. Lo dimostrano gli ultimi dati del sistema Unioncamere-Anpal Excelsior, secondo cui, durante una pandemia, il disadattamento esistente tra domanda e offerta raggiungerebbe il 43% per le professioni intellettuali, scientifiche e altamente specializzate, il 43,5% per le professioni tecniche e il 43,6 % % per i lavoratori qualificati. In poche parole, in Italia, più di 4 aziende su 10 non riescono a trovare i profili di cui hanno bisogno. Paradossalmente, in un Paese dove il tasso di disoccupazione giovanile ha raggiunto il 29,5%, oltre 10 punti sopra la media dell’eurozona.
Di fronte a queste percentuali va tenuto conto di un altro aspetto molto preoccupante: negli anni il divario continua ad aumentare a un ritmo quasi frenetico (in Italia era del 21% nel 2017, solo per fare un esempio), a dimostrazione che la formazione è senza produrre risultati. fornire le competenze necessarie e svilupparsi allo stesso ritmo del mercato del lavoro. I processi di digitalizzazione in corso, la volontà di uno sviluppo più sostenibile e a minor impatto ambientale, il continuo sviluppo della tecnologia richiedono sforzi aggiuntivi da parte di scuole, università e del mondo della formazione nel suo insieme, che in questo momento non è così. essere. Allo stesso modo, non vediamo un impegno adeguato da parte dei governi per cercare di colmare questo divario. “Se il mondo degli affari sta cambiando a un ritmo vertiginoso, sembra che l’apprendimento non abbia tenuto il passo. – commenta Boston Consulting Group – Le competenze spesso mancano, a volte quelle già obsolete. In ogni caso vanno ripristinati: un Paese che risolve efficacemente il problema ne beneficia anche in termini di Pil”.
Nel suo rapporto, la multinazionale americana di consulenza strategica calcola il costo economico della mancata corrispondenza delle competenze rispetto al PIL. Se nel 2018 il valore di questa “tassa nascosta” su scala mondiale era pari al 6% del PIL -circa 8 trilioni di dollari-, nel 2020 ha raggiunto addirittura il 10%. Guardando al futuro, Boston Consulting prevede due scenari: nel migliore dei casi, l’impatto sul prodotto interno lordo sarà dell’8% all’anno fino al 2025; nel peggiore dei casi, raggiungerà l’11% del PIL mondiale, ovvero 18 trilioni di dollari. al prodotto interno lordo dell’Unione europea.
Data l’attuale crisi economica, “sarebbe opportuno porre la risposta al disadattamento delle competenze al primo posto nell’agenda di sviluppo del capitale umano di ciascun Paese”, conclude il rapporto. In caso contrario, la mancata corrispondenza verrà aggiunta al conteggio della pandemia. E la zavorra può essere difficile da prendere