Il cambiamento climatico è ormai una realtà anche nelle regioni più profonde dei nostri mari e rappresenta una grave minaccia per la biodiversità. È quanto emerge dai primi risultati pubblicati da Greenpeace, raccolti quest’anno nell’ambito del progetto Warm Sea, una rete di monitoraggio che prevede l’installazione di termometri per misurare l’aumento della temperatura del mare.
La stazione di misurazione della temperatura del mare, situata sulla costa nord-ovest dell’isola d’Elba, ha mostrato che quest’estate, una delle più calde mai registrate nella penisola italiana, le temperature medie rilevate nei mesi di luglio e agosto, ad un’altitudine compresa tra i 20 e i 40 metri sopra livello del mare, 1,5 gradi Celsius in più rispetto al 2020, raggiungendo una media di quasi 18 gradi Celsius nei mesi estivi a una profondità di 40 metri.
Dichiarazioni di Monica Montefalcone, ricercatrice del Distav dell’Università di Genova, responsabile scientifica del progetto Mare caldo:
“I dati registrati da satellite indicano un aumento di oltre 1,5 gradi centigradi delle temperature superficiali negli ultimi quarant’anni nel mare Mediterraneo. Il progetto Mare caldo evidenzia come le temperature stiano aumentando anche negli strati più profondi, ambienti solitamente più stabili dove anche le minime variazioni di temperatura possono causare conseguenze drammatiche sugli organismi che vi abitano. Noi stessi durante i monitoraggi condotti per il progetto abbiamo potuto osservare un aumento di mortalità degli organismi più sensibili. Sono ormai evidenti cambiamenti significativi nella struttura e nella composizione delle comunità bentoniche negli ambienti marini sommersi, con gravi conseguenze non solo per la biodiversità marina ma anche per le economie che da essa dipendono”.
Giorgia Monti, responsabile della campagna Mare di Greenpeace Italia afferma: “Non c’è più tempo da perdere. È evidente che stiamo già assistendo a drammatici cambiamenti, sia a terra che in mare. Eventi climatici estremi, siccità e trombe d’aria sono ormai una realtà anche nel nostro Paese, con impatti gravissimi non solo sulla biodiversità ma sulla vita delle persone. Chiediamo all’Italia, come presidente del G20 e vicepresidente della prossima conferenza sul clima, di non nascondersi dietro a chiacchiere e a false soluzioni ma di promuovere azioni concrete, a cominciare dal divieto di ogni nuova attività di trivellazione offshore. Le estrazioni di idrocarburi mettono a rischio il nostro mare due volte: in modo diretto con le attività di esplorazione e perforazione, e in modo indiretto con le conseguenze causate dall’utilizzo dei combustibili fossili”.