Uno studio italiano condotto su ventitremila persone, mostra come consumare regolarmente questa spezia comporti una riduzione del rischio di mortalità cardiaca del 40% e di quella per cause cerebrovascolari di oltre il 60%
Il peperoncino piccante è un ospite molto frequente sulle tavole degli Italiani, e nel corso dei secoli sono stati in tanti a decantarne virtù terapeutiche di vario tipo. Ora una ricerca pubblicata sul Journal of the American College of Cardiology (JACC), mostra come le persone abituate a consumarlo regolarmente abbiano un rischio di mortalità per ogni causa ridotto del 23% rispetto a chi non lo gradisce.
Lo studio ha preso in esame 22.811 persone. Seguendo il loro stato di salute per un periodo medio di circa 8 anni, e confrontandolo con le loro abitudini alimentari, i ricercatori hanno potuto dimostrare come nelle persone che consumano regolarmente peperoncino (4 volte a settimana o più), il rischio di morire di infarto si abbatte del 40%, mentre la riduzione più forte si osserva sulla mortalità cerebrovascolare, che risulta più che dimezzata.
Il peperoncino è una pianta dalla lunghissima storia, le sue origini sembrano imputarsi all’America centrale, infatti si dice che sia stato Cristoforo Colombo a trasportare questa preziosa pianta in Spagna, permettendone così la diffusione in tutta Europa.
Il peperoncino fa parte della famiglia delle solanacee a cui appartiene anche il peperone, altro ortaggio presente sulla tavola degli italiani durante la stagione estiva. Sono poveri di calorie (circa 30 ogni 100 gr) e contengono carotenoidi, capsaicina e vitamine. Tra queste ultime la più presente è la vitamina C. Contiene anche vitamina A e Vitamina E. Attenzione però ai peperoncini secchi in cui la vitamina C risulta quasi assente. Questo alimento è ricco di polifenoli, sostanze antiossidanti utili contro l’invecchiamento precoce. I peperoncini vengono consigliati anche a chi soffre di problematiche gastro-intestinali o dermatologiche, in caso di artriti o ferite o per purificare il sangue.