Sono più di mezzo milione i pensionati in Italia che hanno ricevuto la baby pensione degli anni 80 e che ne godono per una spesa totale di 7milioni di euro
Le cosiddette baby pensioni, apparse già negli anni ’80, nel nostro Paese ammontano a oltre 561mila, con un costo complessivo per INPS di circa 7 miliardi di euro. Questa cifra scende a 318mila, se si esclude la pensione per l’invalidità. Secondo i dati aggiornati al 2021 forniti dall’Osservatorio dell’Istituto delle Pensioni, sono state pagate 423.009 pensioni nel settore privato dal 1980 e 67.245 pensioni dal 1981. L’età media dei baby pensionati è stata di 41,84 anni, con un assegno mensile in media di 587 euro.
Attualmente, nel settore privato, l’età pensionabile nel 2020 è stata circa di 67,02 anni. Pensiamo alle grandi differenze del passato facendo qualche esempio. Una donna con prole, negli anni ’80, che lavorava come dipendente pubblico poteva andare in pensione con soli 14 anni, 6 mesi e un giorno di contributi. Il peso delle baby pensioni sull’economia é stato causato da questa norma e da altre che permettevano il pensionamento con 20-25 anni di contributi lavorativi, opportunità che é stata concessa a migliaia di richiedenti. Si calcola inoltre che nel 1980, sono state attribuite 16 787 pensioni di invalidità ( con un’età media del primo anno di pensione pari a 38,2 anni) e 15 383 persone che hanno avuto la buonuscita con solo 40,8 anni garantendosi un importo medio mensile dell’assegno pensionistico di 1181 euro.
Dalle analisi svolte sulla popolazione italiana, l’età media di inizio della pensione, corrisposta lo scorso anno, è stata di 65,8 anni. Più bassa invece l’età per coloro che hanno scelto la pensioni di vecchiaia (pari a 63,9 anni) categoria che comprende anche l’uscita anticipata.
I dati presentati dagli osservatori sono in linea con i dati dello scorso anno presentati nello studio CGIA Mestre.