(Money.it) Non solo settimana corta. Nascono nuovi modelli alternativi alla settimana lavorativa di quattro giorni che prevede una riduzione del carico di lavoro ma con la stessa retribuzione e soprattutto mantenendo gli stessi livelli di produttività, come quello bisettimanale.
Ormai la settimana corta non è più solo teoria ma una concreta opzione da prendere in considerazione durante la pianificazione del lavoro dei dipendenti, specialmente dopo il successo ottenuto dall’esperimento nel Regno Unito, durato ben 6 mesi.
Le aziende inglesi hanno, infatti, notato un aumento della produttività e anche maggiore interesse da parte dei potenziali dipendenti, mentre i lavoratori hanno confermato che questo nuovo modello ha migliorato nettamente la qualità di vita, riducendo lo stress psicofisico e il bornout.
Eppure, non tutte le aziende sembrano convinte, persistono preoccupazioni su alcuni fattori come il profitto o (addirittura) l’ulteriore pressione per i lavoratori a causa di un carico di lavoro giornaliero più elevato e la necessità di essere disponibili per i clienti durante tutto l’orario di lavoro standard.
Ecco, quindi, che alcune aziende hanno adottato un modello di riduzione del lavoro alternativo su base bisettimanale che vede 9 giorni di lavoro e 5 liberi: alternando una settimana standard e una corta. Alcune aziende hanno riscontrato subito risultati positivi, altre no. Ecco come funziona e quali sono i pro e i contro.
9 giorni di lavoro e 5 liberi: come funziona l’alternativa alla settimana corta
Il nuovo modello di riduzione del carico di lavoro su base bisettimanale è molto interessante in quanto vede l’alternarsi di una settimana di lavoro standard (5 giorni) e una settimana corta (4 giorni), ciò vuol dire che su 14 giorni, 9 sono giorni lavorativi e 5 sono giorni liberi.
Ogni due settimane, i dipendenti avrebbero quindi un giorno libero in più, spesso un venerdì. Per far ciò alcune aziende hanno chie
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